martedì 10 marzo 2009

NO ALL’ACCORDO SEPARATO FIRMATO DA CISL, UIL E UGL

Il 22 gennaio scorso il governo convocò Sindacati e Confindustria per discutere della “manovra anti crisi”, ma, in realtà, ciò che voleva ottenere era un accordo sul “modello contrattuale”; in altre parole voleva il consenso del Sindacato su un insieme di regole, principi e criteri ai quali le parti sociali dovranno attenersi per quanto riguarda la contrattazione contrattazione collettiva. Insomma, per farla breve, CISL, UIL e UGL hanno firmato un accordo sul “modello contrattuale” che la CGIL contesta apertamente per le ragioni che sono, qui di seguito, sinteticamente illustrate.


L’ACCORDO SEPARATO NON TUTELA LA RETRIBUZIONE
  1. Prevede che gli aumenti retributivi siano calcolati in base ad un indicatore depurato dall’inflazione importata determinata dai prodotti energetici. Così i lavoratori pagheranno i costi energetici due volte: la prima quando questi prodotti aumentano di costo e la seconda, perché non sarà possibile recuperare questi maggiori costi attraverso un aumento della retribuzione.
  2. Non è previsto il recupero certo della differenza fra l’inflazione calcolata e quella reale.
  3. La base di calcolo per gli incrementi retributivi è più bassa di quella normalmente utilizzata fino ad oggi per i rinnovi dei Contratti Nazionali di Lavoro.

L’ACCORDO SEPARATO NON FAVORISCE LA CONTRATTAZIONE
Mentre per quanto riguarda la contrattazione aziendale ci si limita a registrare la prassi in atto, viene introdotta la possibilità di deroghe nei casi di situazioni di crisi o di sviluppo. Ciò significa che, in presenza di una crisi aziendale o per favorire la crescita economica ed occupazionale (esempio: avvio di una nuova attività, impegno a stabilizzazioni di precari,…), è possibile non applicare più, nella sua interezza, il Contratto Nazionale di lavoro, introducendo deroghe per quanto riguarda sia la retribuzione, sia l’orario di lavoro, sia le condizioni normative, sia, più in generale, le tutele per i lavoratori.

L’ACCORDO SEPARATO ROMPE IL MODELLO CONTRATTUALE UNICO
Non si definisce un modello universale per tutti i lavoratori, ma, oltre a distinguere tra pubblico e privato, si rendono possibili innumerevoli differenziazioni per settore e modalità diverse per il calcolo degli incrementi retributivi e per il recupero dell’inflazione.

L’ACCORDO SEPARATO LIMITA IL DIRITTO DI SCIOPERO
Mentre per la nostra Costituzione lo sciopero è un diritto individuale organizzato collettivamente e regolato dalla Legge, nel pubblico impiego si introduce una norma che attribuisce alla maggioranza della Rappresentanza Sindacale certificata la possibilità di proclamare uno sciopero.

Forse che ai lavoratori destinatari di quest’accordo sarà data la possibilità di esprimere il loro gradimento attraverso un referendum? Assolutamente no: secondo i firmatari questo è quanto e nessuno deve permettersi di discutere le decisioni assunte.

LA CGIL CHIAMA TUTTI I LAVORATORI ALLA PROTESTA E ALLA LOTTA CONTRO L’ACCORDO SEPARATO E PER MISURE CAPACI DI CONTRASTARE LA CRISI IN ATTO.
INVITA I LAVORATORI A PARTECIPARE ALLA GRANDE MANIFESTAZIONE CHE SI TERRA’ IL PROSSIMO 4 APRILE A ROMA.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Allarme rosso sulla trattativa misteriosa





La vecchia talpa in questo caso non è il movimento operaio, ma il capitalismo. Che più si aggrava la crisi, più scava sotto le fondamenta dei diritti e delle garanzie sociali. Cresce il degrado del lavoro, con il dato impressionante degli infortuni mortali che avvengono allo stesso ritmo dell’anno scorso, nonostante la caduta dell’occupazione e il dilagare della Cassa integrazione. Chi lavora, lavora per due e si infortuna per tre. (...)

Ovunque le imprese usano la drammaticità della crisi per presentare a sindacati e lavoratori richieste di peggioramento delle condizioni di lavoro, di limitazione dei salari e dei diritti, che solo pochi mesi fa erano nel loro libro dei sogni.

In questo quadro dovrebbe essere a conoscenza dei lavoratori la trattativa misteriosa che si sta svolgendo al tavolo confederale sulle cosiddette “norme applicative” dell’intesa del 22 gennaio. Si sono tenuti già diversi incontri, e altri ne sono, a breve, in programma.
Per chi si illudeva che l’accordo del 22 gennaio fosse un puro confronto di idee, la Confindustria chiarisce che le “norme applicative” di quella intesa dovranno imporre nuove regole e sanzioni adeguate per chi non le rispetta. Che gli aumenti salariali dei contratti nazionali dovranno essere calcolati sui minimi tabellari, che la flessibilità del salario aziendale dovrà essere assoluta, che le deroghe ci dovranno proprio essere e così via.
Addirittura pare che si prepari un trattamento di favore per i metalmeccanici, per i quali ci dovrebbe essere un obbligo di disdetta anticipata del Contratto che scade a fine anno, per applicare subito le nuove regole.
La Confindustria va a riscuotere con chi ha firmato quello che ha firmato e chiarisce che le piattaforme sindacali triennali, che magari cercano di ignorare l’accordo del 22 gennaio, ricadranno necessariamente sotto quella regolazione.

Il Sole 24 ore già da qualche tempo scrive che la trattativa sulle “norme applicative” è persino più importante di quella sui principi. Lo sappiamo perfettamente, nessuno fa un accordo senza pensare concretamente a come applicarlo.
È necessario che le lavoratrici e i lavoratori sappiano che la rottura che c’è stata il 22 gennaio è poco rispetto a quella che ci può essere di fronte al fatto che, azienda per azienda contratto per contratto, la Confindustria ne esigerà l’applicazione nel modo più rigoroso e brutale. Chi nella Cgil pensa che si possa voltar pagina e cancellare quanto è successo è destinato a ripetere sempre in peggio l’esperienza di questi mesi. La Confindustria chiarisce che non accetta terze vie. O ci si piega, o si lotta.

RETE28APRILE
Roma, 11 marzo 2009

EMMA M. ha detto...

Ciao,
sarete mica tutti cattivoni come questo qui...

I telegiornali hanno martellato duramente la notizia della "aggressione" subita da Rinaldini ad opera di un gruppo di facinorosi appartenente ai Cobas. Naturalmente tutte le forze politiche ed i capi delle Confederazioni hanno espresso solidarietà a Rinaldini e stigmatizzato duramente il comportamento "teppistico" dei Cobas. La dichiarazione più dura è stata del Ministro Sacconi che si è riferito all'azione di "soliti noti" mentre la Marcegaglia non ha fatto mancare la solidarietà sua e degli industriali italiani al Segretario della Fiom.
Il martellamento dei media serve a isolare e ridurre a teppisti quanti lotteranno per salvare il pane delle loro famiglie. Molti di loro da un anno vivono con 650 euro al giorno, l'equivalente della somma che la signora Marcegaglia spende in una notte di albergo.
Stupiscono due cose: il fatto che Rinaldini non abbia smentito l'episodio ma anzi definisce teppisti i presunti aggressori, quando sembra che il tafferuglio sia nato da persone sul palco che volevano impedire al rappresentante Cobas di prendere la parola; stupisce la durissima condanna pronunziata dal "Manifesto":"Da oggi, o di qua o di la. E' stata inferta una dolorosa ferita che fa da spartiacque. I Cobas sono fuori dalla sinistra." Una scomunica in piena regola!!
Intanto, ammesso che ci siano state responsabilità di persone appartenenti ai Cobas non è corretto criminalizzare il vasto, popoloso movimento del sindacalismo di base prendendo a pretesto l'episodio di Torino. C'entrano i Cobas della Scuola, degli Ospedali, di altri settori del lavoro con quanto è accaduto a Torino? Mi pare che anche il Manifesto prenda a pretesto l'incidente torinese per esprimere un giudizio generale di condanna su quella che a me sembra l'unica area di autonomia e di libertà sindacale dal momento che da anni le Confederazioni si limitano a ridurre il danno delle proposte avanzate soltanto dalla Confindustria o dal Governo. Un'area estranea alla stipula dei famigerati accordi del luglio 2007 con il Governo Prodi che riducono ancora le pensioni ed il welfare e consolidano il regime di precariato. Accordi ratificati da un referendum incontrollato ed evidentemente pieno di dati gonfiati dal momento che ha dato per certi cinque milioni di adesioni di cui settecento mila votate in Sicilia (sic!!). Un'area che resiste ai processi di privatizzazione degli ospedali e della pubblica amministrazione accettati dalle Confederazioni, un'area che non ha firmato l'accordo separato sui contratti che la Cgil, dopo avere assistito come convitato di pietra agli accordi, si accinge a fare filtrare attraverso le categorie.
Siamo alla vigilia del Congresso della CGIL dove pare che il dibattito sarà animato da una mozione "alternativa". Le premesse non sono buone e gran parte delle "innovazioni" introdotte dal padronato con l'aiuto di Cisl ed Uil ed a volte della CGIL non saranno messe in discussione a cominciare dalla regolamentazione delle assunzioni che saranno quasi tutte precarie e dalle agenzie interinali che continueranno a produrre lavoratori invisibili. Un gruppo di giuslavoristi capeggiati da Ichino e Sacconi stanno orientando la legislazione non soltanto verso meno diritti ma verso l'imposizione di obblighi e divieti ai lavoratori a cominciare dalla impossibilità di ricorrere al Magistrato. L'area alternativa non si oppone realmente e fino in fondo al minimalismo concertativo della maggioranza ispirata dal PD. Per questo esprime tanta insofferenza e nervosismo verso il sindacalismo di base.
Il durissimo commento del Manifesto suscita amarezza in quanti subiscono nelle aziende il processo involutivo di sindacati confederali spesso fiancheggiatori dell'ufficio risorse umane delle aziende. E' la prova che un regime si crea non quando la destra si impossessa del potere ma quando la sinistra ne condivide la cultura e anche l'odio verso chi si mette di traverso e vuole resistere... Pietro Ancona

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie